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Imprenditori under-35 più ottimisti degli anziani e pronti ad assumere: Il direttore Esposito illustra una ricerca del Centro Studi Tagliacarne

MERCOLEDÌ 06 DICEMBRE 2023 | Lascia un commento
Foto Imprenditori under-35 più ottimisti degli anziani e pronti ad assumere: Il direttore Esposito illustra una ricerca del Centro Studi Tagliacarne
Scritto da Gabriel Bertinetto

Gli imprenditori giovani sono molto più ottimisti degli anziani sia nelle previsioni di sviluppo (il 43% dei primi e solo il 34% dei secondi ipotizzano aumenti di fatturato per il 2024) sia nelle aspettative di miglioramento della propria situazione economica. Nell’arco dei prossimi 5 anni essa è pronosticata dal 50% degli under-35, una percentuale ben superiore alla media (29%). Questi e altri dati emergono da una recente ricerca del Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”, di cui ci espone in questa intervista i risultati il direttore generale Gaetano Fausto Esposito. Altre differenze rispetto alle aziende degli over-35 sono la più alta disponibilità a investire nel digitale e nell’economia green, e la maggiore propensione ad assumere (31% contro il 23%). Fra i problemi maggiormente sentiti dagli imprenditori giovani è la difficoltà di accesso al credito. 

Secondo una recente ricerca del Centro Studi Tagliacarne da lei diretto, le imprese italiane i cui titolari, soci, amministratori sono per almeno il 50% di età inferiore ai 35 anni guardano al futuro con maggiore ottimismo rispetto alle aziende degli over-35. A cosa si deve questo diverso atteggiamento, dottor Esposito? I meno anziani riescono a intravedere prospettive reali di crescita che agli altri sfuggono, oppure si tratta di un entusiasmo fondato più sull’ardore giovanile che su dati concreti?

In linea generale dobbiamo dire che le fasce più giovani di popolazione sono mediamente più ottimiste rispetto alle altre. Infatti, sappiamo che più del 50% dei giovani di queste fasce di età ritiene che la propria situazione economica migliorerà nei prossimi cinque anni, contro una media del 29%. Ma c’è anche un dato obiettivo secondo il quale i giovani, anche per una maggiore proiezione temporale, sono tendenzialmente più propensi a realizzare attività di investimento di medio periodo rispetto agli altri proprio in virtù di una più lunga prospettiva di futuro. Non credo invece che riescano a individuare opportunità di business migliori rispetto alle altre imprese. In altri termini contano molto le loro proiezioni soggettive, e anche una maggiore consapevolezza considerato un generale livello più elevato di istruzione degli imprenditori giovani. 

Questo atteggiamento fiducioso sembra riflettersi nelle previsioni di sviluppo: il 49% delle imprese under 35 prevede aumenti di fatturato entro l’anno, a differenza del 42% delle over. Simili differenze percentuali si ritrovano anche nelle previsioni per il 2024: rispettivamente 43% e 34% La realtà secondo lei giustifica questi pronostici maggiormente ottimistici da parte delle imprese giovanili rispetto alle altre?

John Maynard Keynes, il grande economista inglese, diceva che l’economia dipende molto dagli animal spirits degli imprenditori, ossia dalla loro capacità di percepire le opportunità di sviluppo. In genere le imprese costituite da giovani hanno proprio questa maggiore capacità, pensiamo ad esempio alle start-up innovative con riferimento alla business idea. Probabilmente l’aspetto che difetta è invece una buona conoscenza del mercato. Tutto ciò beninteso quando si tratta di aziende che nascono per cogliere delle opportunità di business. Diverso è il discorso delle forme di imprenditorialità giovanile che invece nascono per necessità, ossia rappresentano delle forme di auto-impiego per carenza di altre opportunità lavorative, che spesso invece hanno una struttura di business molto flebile.

 

Un dato apparentemente contraddittorio rispetto al quadro di cui accennavamo nelle domande precedenti riguarda la proiezione commerciale oltre i confini nazionali. Sono percentualmente più numerose le aziende anziane che intendono rivolgersi ai mercati esteri rispetto a quelle giovanili. Perché?

Qui c’è la questione dell’esperienza. Ci sono imprese giovanili che nascono già globali, sono le cosiddette “born global” che operano soprattutto nell’ambito delle start-up tecnologiche che hanno già una proiezione internazionale. Ma in generale la dimensione internazionale è anche una questione che si sviluppa sull’esperienza accumulata. Inoltre, una consolidata presenza internazionale non si costituisce in poco tempo, ma richiede diversi anni e questo spiega anche perché in linea generale le imprese di giovani sono meno aperte ai mercati internazionali. Vorrei però sottolineare che quando le imprese giovanili si aprono ai mercati internazionali hanno una proiezione di maggior favore, infatti per l’anno prossimo il 44% delle imprese giovanili che esportano prevedono incrementi, contro il 31% delle altre imprese.  

 

Diverso fra i due gruppi di età è anche l’orientamento rispetto all’economia green e alla digitalizzazione. Gli investimenti programmati in questi due settori sono molto più consistenti da parte degli imprenditori giovani. Questo è abbastanza logico vista la maggiore apertura delle nuove generazioni rispetto a questi fenomeni. Al di là di questa naturale propensione, le imprese giovanili sono più o meno attrezzate per questo tipo di scelta?

Direi di si. I giovani sono non solo più sensibili alle tematiche green e a quelle digitali, ma anche più informati, prova ne sia che diverse nicchie di mercato delle imprese under 35 nascono proprio per sfruttare soluzioni di business a basso impatto ambientale e forte carattere innovativo. In linea generale negli anni 2023-25 il 36% degli under 35enni investirà in digitale e green contro il 28% delle altre imprese.  Del resto, le giovani generazioni hanno anche una migliore formazione al riguardo che possono trasfondere a livello aziendale e percepiscono la scelta green e quella digitale come una opportunità di sviluppo, rispetto agli imprenditori più anziani per i quali spesso la sostenibilità ambientale è vissuta come una scelta forzata  dal rispetto di norme e di regolamenti. C’è però un vincolo economico nella realizzazione di queste tipologie di investimenti da parte delle imprese under 35 che è molto pesante. Infatti, le barriere economiche rappresentano un problema per il 39% delle imprese giovanili che non riescono a investire in sostenibilità contro il 31% delle non giovanili. Ancora maggiore è il gap in termini di adozione di tecnologie digitali. Il 45% di quanti non lo fanno indica motivazioni economiche contro il 29% delle imprese non giovanili.

 

Quali sono gli ostacoli che incontrano i giovani imprenditori nello svolgimento della loro attività? C’è su questo terreno una specificità rispetto alle aziende anziane, oppure le difficoltà sono le stesse: eccessiva burocrazia, rigidità del mercato del lavoro, difficoltà di accesso al credito? Quali di questi o altri problemi sono maggiormente sentiti?

Le problematiche del fare impresa sono sostanzialmente le stesse, ma direi che c’è una maggiore accentuazione della criticità legata al credito e questo fondamentalmente perché le imprese giovanili hanno una minore storia dietro di loro e quindi l’atteggiamento delle banche nei loro confronti è più cauto. Possiamo dire che c’è quindi un più forte fenomeno di razionamento del credito nei confronti delle imprese under 35, che si potrebbe tradurre anche in un maggiore onere di interessi per una rischiosità percepita più elevata da parte degli enti finanziatori.

 

Negli ultimi mesi in Italia c’è stato un aumento, non si sa quanto duraturo, dell’occupazione. A questo fenomeno gli imprenditori giovani hanno partecipato di più o di meno rispetto ai colleghi anziani? 

Le nostre rilevazioni ci dicono che la propensione ad assumere nel 2023 è maggiore per le imprese giovanili con un 31% contro un 23% delle altre. Teniamo però presente che la dimensione media delle imprese giovanili è di meno di due addetti contro i quasi quattro di quelle non giovanili. In altri termini le imprese giovanili occupano in media circa la metà delle altre, quindi possiamo ritenere che anche il contributo complessivo all’aumento dell’occupazione sia stato minore. 

 

Parlando di aziende giovanili nel loro insieme, trascuriamo forse le diversità che all’interno di questa fascia imprenditoriale esistono fra ditte individuali, società di persone, società di capitali, e più in generale tra aziende grandi, piccole, medie. Rispetto alle caratteristiche prima indicate (propensione ad investire, fiducia nelle possibilità di crescita, attenzione all’economia verde e digitale, etc.) il mondo dell’imprenditoria giovanile si presenta unito o ci sono differenze sostanziali al suo interno?

Beh la prima differenziazione è quella di cui avevo già detto in precedenza tra aziende opportunity e necessity. Le prime nascono con l’idea di sfruttare una idea di business e opportunità di mercato, mentre invece le altre sono sostanzialmente una forma di auto-impiego spesso con una modesta connotazione innovativa. Poi possiamo anche delineare una differenziazione in termini territoriali: al Mezzogiorno è maggiore la presenza di imprenditorialità giovanile rispetto al Centro Nord: oggi al Sud il 10,2% del tessuto imprenditoriale è costituito da imprese di under trentacinquenni contro poco meno dell’8% del centro-nord. Questa caratterizzazione territoriale è molto marcata al punto che nelle prime venti province per incidenza si imprese giovanili sul totale troviamo solo due realtà dell’Italia centrale, per il resto sono tutte province meridionali. C’è anche una differenza di genere nel senso che maggiore è l’imprenditorialità giovane femminile (11%) contro quella maschile (8%).

 

La maggiore dinamicità delle imprese giovanili si manifesta in una maggiore abilità e prontezza nell’utilizzo di strumenti nuovi rispetto al passato? Il PNRR ad esempio?

Queste imprese hanno dimostrato una certa sensibilità alle iniziative del PNRR, anche se minore rispetto alla media delle imprese: un 9% si è già attivata su progetti relativi mentre il 19% ha in programma di attivarsi. Tuttavia si tratta di valori più bassi della media che è rispettivamente 15% e 23%. Ma la burocrazia è il principale ostacolo che viene lamentato da ben 7 imprese giovanili su 10.

 

Un meccanismo finanziario a disposizione delle aziende giovanili è stato predisposto recentemente da Invitalia. Si chiama “Oltre nuove imprese a tasso zero”, ed offre finanziamenti a tasso zero e contributi a fondo perduto. Le risulta che sia efficace?

A guardare i primi risultati sembra che si tratti di un provvedimento che ha avuto un buon riscontro, visto che fino ad oggi sono stati realizzati finanziamenti per 240 milioni di euro attivando investimenti quasi doppi. Questa formula viene incontro proprio alla difficoltà che le imprese giovanili, in particolare quelle di nuova costituzione, incontrano nel ricorrere al credito bancario. E’ positivo che intervenga a valere su di un piano di investimento presentato dall’impresa e quindi rappresenta sotto molti versi anche uno stimolo a strutturare meglio la business idea, inoltre è positivo che per le imprese finanziate Invitalia, l’ente che gestisce il finanziamento, attiverà anche attività di formazione, tutoraggio e mentoring per la realizzazione del progetto d’impresa.  



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