Lo Smart Working è in piena fioritura. La flessibilità di orari e luoghi di lavoro è sempre più gradita sia dagli imprenditori che dai dipendenti. Si sviluppano nuove modalità organizzative. In estate si è diffusa la tendenza ad accorpare ferie e attività operativa, prolungando la permanenza nei luoghi di vacanza in un’alternanza di lavoro e riposo. Per una corretta applicazione del lavoro agile, secondo Chiara Bisconti, sono fondamentali gli accordi individuali previsti per legge, che dopo un periodo di sospensione sono tornati in vigore a partire dal primo settembre 2022. La dottoressa Bisconti è Consulente delle Risorse Umane e autrice del libro “Smart Agili Felici” edito da Garzanti nel 2021. Per dieci anni è stata HR Director della Sanpellegrino (gruppo Nestlé).
Sembra di essere in presenza di un autentico boom dello Smart Working. Dalle quattro giornate mensili del 2019 si è passati alle attuali due giornate settimanali. Vuole fare il punto della situazione per quanto riguarda l’Italia, dottoressa Bisconti?
Giustamente lei usa il termine boom. Prima della pandemia in Italia solo mezzo milione di persone erano coinvolte nello Smart Working, per lo più in grandi aziende multinazionali e in misura minore nella pubblica amministrazione. Nel periodo della peggiore emergenza Covid c’è stato una forte spinta, in condizioni di necessità, verso il ricorso a una particolare modalità dello smart working, che è il lavoro da remoto. La gente così sì è familiarizzata con l’idea che ci sono altri modi di lavorare fuori dai paradigmi tradizionali. Il dato che lei ha citato è significativo, e per essere più precisi la media oggi è di 10 giornate al mese, mentre le persone coinvolte sono 7 milioni, con buone probabilità di arrivare a 8. In altre parole si è raddoppiato l’utilizzo del lavoro agile in termini temporali, e si è addirittura decuplicata la platea degli utenti. L’estate di questo 2022 è stata un banco di prova molto interessante essendo affiorate altre modalità più complesse che non l’alternanza fra lavoro in casa e lavoro in ufficio.
Vuole parlare di queste nuove modalità?
Volentieri. Premetto che la legge 81 del 2017 definisce lo Smart Working come una prestazione basata sull’alternanza fra lavoro in azienda e in altri luoghi e con orari flessibili. Il binomio casa-ufficio non è però l’unico possibile. Ci sono altri siti, oltre alla residenza domestica, in cui è possibile espletare le proprie funzioni lavorative. Uno di questi può essere il posto in cui si trascorrono le ferie. E durante l’estate di quest’anno è accaduto proprio questo. Molte persone hanno scelto di trascorrere periodi più lunghi nelle località di vacanza, realizzando nella seconda casa o nella pensione o nell’hotel un’alternanza di tempi lavorativi e feriali. Ciò spesso ha stimolato fra l’altro un cambiamento dell’offerta alberghiera, poiché molti clienti chiedevano la disponibilità di una stanza o di uno spazio supplementare per poter conciliare meglio l’esigenza lavorativa con quella del riposo. Per molte famiglie questo ha rappresentato un indubbio vantaggio, perché i genitori hanno potuto trascorrere tempi più lunghi assieme ai figli nei luoghi in cui altrimenti avrebbero dovuto limitare la presenza a poche settimane.
Le statistiche riportano un forte incremento del lavoro fuori sede durante i mesi estivi rispetto al resto dell’anno, e possiamo attenderci un nuovo picco nel periodo natalizio. L’evoluzione dello smart working in certi ambiti comporta insomma anche notevoli cambiamenti in altri settori. Nel caso di cui parlavo prima, ne viene fuori una spinta alla creazione di servizi nuovi da parte dell’industria turistica. Nascono piattaforme per usufruire di soggiorni a prezzi scontati in strutture attrezzate per ospitare clienti in smart working, con ambienti più ampi, buone connessioni Internet, etc. Questo dimostra come lo Smart Working sia un fenomeno sistemico. Semplice ma rivoluzionario. A mano a mano che si diffonde, produce effetti in ambiti sempre più allargati.
Da un’indagine della società di consulenze aziendali di Mantova “Variazioni”, risulta che il 55% delle aziende italiane ha già adottato regole per l’utilizzo dello Smart Working, e quasi tutte le altre intendono farlo entro la fine dell’anno. Da cosa viene fuori questo innamoramento, a fronte di precedenti diffuse resistenze?
Ci sono diversi fattori. In primo luogo le aziende stanno scoprendo gli enormi risparmi derivanti dalla diffusione del lavoro agile. Se la quantità d persone contemporaneamente presenti in ufficio diminuisce, la dimensione dei locali può essere ridotta, in molti casi anche del 50 o 60%. Questo comporta risparmi sull’affitto, sul riscaldamento, sull’energia elettrica, etc. S ridimensiona inoltre notevolmente il monte dei compensi per lo “straordinario”. E’ anche statisticamente provato infine che con l’aumento del lavoro agile, si riduce l’assenteismo per malattia. Ma si constata un crescente apprezzamento per i benefici del lavoro agile anche da parte dei dipendenti. Al punto che non è infrequente il caso delle dimissioni volontarie da parte di chi non ha ottenuto di lavorare in Smart Working. Addirittura ci sono lavoratori che si dicono disponibili a barattare la maggiore elasticità dei tempi lavorativi con una minore retribuzione.
Ecco però allora dei casi in cui lo Smart Workng rischia di ritorcersi contro il lavoratore. Anche lo stop agli straordinari potrebbe risolversi in uno svantaggio. Cosa ne pensa?
In generale il lavoratore apprezza il lavoro agile perché ne rileva, oltre a una maggiore libertà nell’uso del proprio tempo di vita, i vantaggi materiali connessi. Se vai meno spesso in ufficio, si riducono le spese di trasporto. Se anziché consumare il pranzo nel bar del centro, mangi in un altro locale più economico o addirittura a casa, risparmi altre somme consistenti. Per quanto riguarda gli svantaggi che lei cita, bisogna chiarire che la legge non permette all’imprenditore di sottopagare un dipendente. Se ciò avviene è un abuso. Quanto agli straordinari, il lavoro agile non li abolisce, ma riporta il ricorso ai compensi extra alla loro funzione vera, che non deve essere strumentale all’erogazione di una componente aggiuntiva dello stipendio, ma è quella di rispondere a reali esigenze produttive. Laddove l’azienda riconosce che le occorrono delle prestazioni ulteriori da parte di alcuni lavoratori, lo farà e pagherà il dovuto. Lo straordinario non viene però incorporato nella retribuzione a prescindere dall’effettivo ricorso a ore di lavoro aggiuntive. Piuttosto, se vogliamo parlare di potenziali pericoli insiti nello Smart Working, il più concreto riguarda probabilmente il diritto alla “disconnessione”.
Parliamo di questo allora.
Può accadere che il lavoratore in Smart Working cada nella trappola psicologica della perenne disponibilità. Questa sarebbe una condanna: ti consento di non venire in ufficio purché tu sia sempre a disposizione. L’elasticità nei tempi di lavoro non deve assolutamente significare reperibilità continua. Anzi, la legge lo vieta e afferma espressamente il diritto alla “disconnessione”. Ciò deve essere chiaramente indicato sia nei regolamenti aziendali sia negli accordi individuali che delimitano l’uso del lavoro agile.
L’obbligo di gestire il lavoro agile attraverso accordi individuali era stato sospeso in una certa fase della pandemia. Dal primo settembre 2022 è tornato in vigore. Un fatto positivo?
Certo. Gli accordi individuali sono il requisito fondamentale per l’applicazione del lavoro agile, e vanno ad innestarsi sui contratti di categoria senza poter entrare in conflitto con i medesimi. Lo smart working non è né un diritto né un dovere, ma una scelta effettuata in base ad un’intesa che concilia le esigenze delle due parti. Nel reintrodurre l’obbligo degli accordi individuali, il governo ha anche emesso dei protocolli che raccomandano la loro compatibilità con i contratti collettivi sindacali affinché risultino disciplinati alcuni temi di fondo. Fra questi è il diritto alla disconnessione di cui parlavamo prima. Nel mio accordo individuale io posso, tanto per fare un esempio, esigere che mi sia riconosciuta la pausa pranzo, e che in quella fascia oraria non sia lecito contattarmi.
Spesso gli esperti sottolineano quanto sia vitale per il successo dello Smart Working, una ridefinizione dello stile di leadership. In altre parole occorre un diverso approccio dei dirigenti nei confronti dei collaboratori. Cosa significa questo?
Siamo arrivati al cuore del problema. Molti manager faticano ad adeguarsi ai mutamenti operativi resi necessari dal lavoro agile. Si tratta essenzialmente di un cambio culturale, di mentalità. Bisogna prepararsi alla necessità di uno sforzo programmatore che non era richiesto quando la modalità operativa dominante era quella del lavoro in presenza. E’ assai più facile gestire un gruppo di persone che sono fisicamente vicine a te, piuttosto che una molteplicità di attori che operano in luoghi diversi e con tempi assai vari ed articolati. Sembra un paradosso, ma lo smart working richiede che il dirigente destini parte del proprio tempo a gestire i tempi altrui. Inoltre tutto ciò funziona se sono chiari a tutti i soggetti gli obiettivi che con quella determinata modalità organizzativa si vogliono raggiungere. Io non posso limitarmi ad eseguire degli ordini, devo sapere esattamente cosa sto facendo, se ciò che faccio è propedeutico a qualcosa che deve fare un altro, etc. I miei compiti devono essere chiari a me così come a colui che me li attribuisce. Infine vanno reimpostati i criteri di valutazione dell’attività svolta. La semplice presenza al lavoro non può essere scambiata, come talvolta avviene nelle modalità di lavoro tradizionali, per efficienza. Da questo punto di vista devo dire che l’Italia è molto più indietro rispetto ad altri Paesi.
Secondo la stessa ricerca che citavo prima per il 40% degli imprenditori il principale motivo del ricorso allo smart working è la volontà di attrarre e trattenere in servizio i lavoratori. Siamo dunque al punto che la maggioranza dei lavoratori preferisce oggi il lavoro agile?
Sì, è così. Ma non dobbiamo pensare che questo significhi il semplice interesse a lavorare da casa. Le persone capiscono sempre di più i vantaggi di un modo di operare basato sulla flessibilità di tempi e luoghi di lavoro e non sono più disposti a tornare indietro. Gradiscono la maggiore libertà d’azione e apprezzano l’autonomia e il senso di responsabilità che ne deriva.
C’è un capitolo a parte forse che riguarda lo smart working femminile. Qualcuno dice che le donne ne sono penalizzate, perché il lavoro svolto a casa va a sommarsi e a interferire pesantemente con le faccende domestiche e la cura dei figli. E’ vero?
Dipende dal modo in cui lo smart working viene applicato. E’ vero che nella realtà dei fatti tutto ciò che concerne la cura delle persone in famiglia grava sulle donne. E allora il modo perché lo smart working non si risolva in un fardello per le madri e le mogli, è quello che sia adottato anche dai padri e dai mariti, così che il lavoro di cura sia ripartito fra gli uni e le altre.