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L'uso dell'intelligenza emotiva nel lavoro: uno strumento fondamentale per avere successo

VENERDÌ 06 DICEMBRE 2019 | Lascia un commento
Foto L'uso dell'intelligenza emotiva nel lavoro: uno strumento fondamentale per avere successo
Scritto da Stefania Pili

In un mondo ormai quasi completamente digitalizzato, denso di stimoli e di emozioni, talvolta incontrollabili, l'intelligenza emotiva può diventare un efficace strumento per avere successo nel lavoro? Nel lavoro di tutti i giorni, non è sempre facile gestire efficacemente gli impegni, tra mail che si accumulano, scadenze improrogabili e rapporti non sempre idilliaci con il capo e i colleghi.

Le emozioni negative, in questo modo, tendono ad accumularsi già dalle prime ore del mattino, diventando i principali responsabili di una giornata faticosa, stressante e poco produttiva. E così anche nei giorni seguenti. Non siamo tutti uguali, certo, c'è chi riesce a gestire la rabbia molto più sapientemente di altri, e in generale, a non farsi travolgere da ondate di negatività, senza che essa si trasformi in un'arma letale. In ogni caso, tutti abbiamo bisogno di un aiuto nella vita di tutti i giorni. Siamo fatti di carne e ossa e non possiamo tenere a bada tutto ciò che accade, sia a noi stessi che agli altri: per questo motivo, l'intelligenza emotiva, in molti casi, si dimostra un valido aiuto nel cercare di superare le difficoltà in modo attivo, rimanendo sempre concentrati sui propri obiettivi.

 

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Non si tratta semplicemente di intelligenza, ma di adattamento a determinate situazioniDaniel Goleman, nel 1995, nella sua opera letteraria più famosa, “Emotional Intelligence” la descrisse come:

La capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, di essere empatici e di sperare”.

In queste parole, è importante come si sottolinei la profonda importanza delle componenti emotive all'interno della razionalità del pensiero umano. L'intelligenza emotiva è composta da un mix di comportamenti e capacità emotive che riguardano l'empatia, l'autocontrollo, la perseveranza e via dicendo, che possono essere realmente sviluppate per migliorare il rapporto con sé e con gli altri. Sempre secondo Goleman, l'intelligenza emotiva è composta da cinque abilità distinte:

 

  • Consapevolezza di sé: capacità di comprendere i nostri sentimenti e stati d'animo, capire chi siamo con i nostri obiettivi;

  • Dominio di sé: capacità di controllare le emozioni per poterle utilizzare a nostro favore, anziché contrastarle;

  • Motivazione: capacità di prefissare determinati obiettivi e raggiungerli superando le possibili difficoltà;

  • Empatia: capacità di comprendere i sentimenti, i bisogni e le emozioni altrui;

  • Abilità sociali: capacità che aiutano a relazionarsi con gli altri nella maniera più efficace (persuasione, leadership e così via).

     

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Insomma, non basta solo un'intelligenza di tipo razionale per affrontare la società occidentale, caratterizzata spesso da stress e ritmi frenetici, ma anche di un controllo accurato delle emozioni.

Ciò che manca è proprio la capacità di comprendere appieno e affrontare queste emozioni. Esse, che ci piaccia oppure no, fanno parte del nostro essere e occorre saperle bilanciare.

Non si tratta di autocontrollo, ottimismo o calma, (caratteristiche che appartengono alla personalità di ciascuno di noi), ma di riconoscere e gestire le emozioni proprie e degli altri per migliorare sia nella sfera professionale che in quella privata. Le persone che scelgono questa strada notano maggior soddisfazione lavorativa, anche nei rapporti con i colleghi, facendo evidenziare anche una maggior produttività. Le aziende che hanno recepito questo messaggio hanno già cambiato rotta, definendo nuovi orari di lavoro personalizzati e proponendo nuovi servizi e benefit, inclusi quelli di sostegno psicologico per le risorse umane.

Secondo il World Economic Forum, l'intelligenza emotiva è tra le dieci competenze più richieste dalle aziende nei prossimi anni. Il valore umano, anche secondo i recruiter, è la chiave del successo professionale, un insieme di soft skills fondamentali per la ricerca attiva di un lavoro. Cosa significa, quindi, un lavoratore “emotivamente intelligente?” Lo Swiss Center for Affective Sciences dell'Università di Genova, ha condotto un test della durata di un'ora e mezza, che ha misurato i quattro pilastri sui quali si regge l'intelligenza emotiva di ciascuno di noi:

  • gestire le proprie emozioni;

  • riconoscere le emozioni altrui;

  • gestire le emozioni altrui;

  • mettersi nei panni degli altri in una situazione specifica.

L'esperimento è stato condotto con domande a risposta multipla, introdotte da brevi video, note audio, immagini e descrizioni di ipotetici contesti professionali. Non esistono risposte giuste o sbagliate, tutte contribuiscono nel fornire un profilo più o meno “emotivamente intelligente”.

In ogni caso, per chi cerca lavoro, l'intelligenza emotiva è un'arma davvero preziosa. È chiaro, oramai, che essere empaticicomunicare efficacemente e avere specifiche abilità sociali, sono fattori che incidono notevolmente durante un colloquio di lavoro o in un primo periodo di prova. Va bene un buon curriculum e un ottimo percorso di studi, ma ciò che fa davvero la differenza al giorno d'oggi è avere il dominio di sé, la capacità di perseverare nonostante le batoste subite, e continuare ad andare avanti a testa alta. Una volta trovato l'impiego, non bisogna certo adagiarsi, anzi; in un contesto dove la competizione è alta, le cinque componenti dell'intelligenza emotiva citate in precedenza, sono fondamentali per governare al meglio il lavoro e avere dei benefici mentali e fisici.

 

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Ma è solo l'impiegato a dover lavorare sulle proprie emozioni? Assolutamente no. Anche i manager e i datori di lavoro devono saper motivare e spronare i propri dipendenti, creando un ambiente felice e produttivo.

La globalizzazione e la virtualità in costante evoluzione sono probabilmente responsabili di una complessità maggiore nel portare avanti i rapporti sociali, nel comprendere il prossimo e nel soffermarsi a riflettere. La pressione, lo stress e l'ansia aumentano, i dati lo confermano, e questo non può che essere visto come la conseguenza di una realtà lavorativa da migliorare, andando a sviluppare la giusta armonia quotidiana con sé stessi e con gli altri.

 

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