Al giorno d'oggi aumentano esponenzialmente i lavoratori insoddisfatti del proprio lavoro. Parliamo di periodi più o meno prolungati nei quali si sviluppano conseguenze negative che vanno a intaccare corpo e mente. Non parliamo quindi di qualche giornata no al lavoro, ma settimane, mesi o anni di ansia e stress costante che causano effetti disastrosi per la salute. Si tratta dei cosiddetti lavori “tossici”, un problema oramai molto comune sia agli impiegati che ai datori di lavoro.
Jeffrey Pfeffer, docente di comportamento organizzativo a Stanford, nonché autore del libro Dying for a Paycheck, ha condotto diverse ricerche inerenti la cattiva gestione del lavoro nelle aziende statunitensi. Le conseguenze sono piuttosto negative: in primis, l'incompetenza dell'amministrazione è responsabile dell'8% delle spese sanitarie annuali, oltre che essere stata associata a circa 120mila decessi in eccesso ogni anno. In Italia, secondo un'indagine presentata da Euripes, lo stress da ufficio colpisce il 41% dei lavoratori, valore di gran lunga superiore a quello di Gran Bretagna e Germania con il 27%, Francia con il 24% e Spagna con il 22%. Le cause sono soprattutto la noia e la pesantezza del superlavoro.
Questo confermerebbe il fatto che il corpo, prima di noi, capisce che alla base di così tanto stress c'è proprio il lavoro e la pressione da esso generata. Di conseguenza, invierebbe alcuni segnali d'allarme da non sottovalutare.
Consulta anche: “Trova la tua strada: alcuni consigli utili per scoprire la ta vera vocazione professionale”
Il lavoro dovrebbe essere appassionante oltre che remunerativo, uno strumento che ci permette di relazionarci con gli altri e imparare, non certo una gabbia dove ci sentiamo intrappolati, insofferenti e infelici. Dovrebbe darci la possibilità di esprimere noi stessi in un ambiente stimolante e sereno, al contrario, il primo a risentirne sarà soprattutto il nostro corpo, che pian piano comincerà a inviare messaggi specifici tradotti in sintomi e patologie. Purtroppo, non è semplice sbarazzarsi di un lavoro tossico; disoccupazione, poche possibilità concrete a lungo termine e instabilità sono i maggiori responsabili di un mancato licenziamento, aumentando così il malcontento e la frustrazione.
Ecco cosa può succederci se odiamo il nostro lavoro:
Problemi legati al sonno: Monique Reynolds, psicologa clinica del Center for Anxiety and Behavior Change, afferma che “i pazienti non riescono a dormire per via dei pensieri che affollano la mente, oppure interrompono il ciclo del sonno: si svegliano nel cuore della notte pensando alle cose da fare”. Se l'insonnia capita raramente non c'è da preoccuparsi, ma se diventa una consuetudine potrebbe essere una reazione allo stress smisurato che stiamo subendo. La Reynolds continua: “Se i disturbi del sonno sono legati al lavoro in maniera stabile, significa che c'è un disequilibrio”.
Mal di testa frequenti: “Lo stress causa sintomi fisiologici, e il dolore ne è la manifestazione”, afferma la Reynolds. Questo è causato dalla contrattura dei muscoli per difendere il corpo da un possibile infortunio. Succede anche quando percepiamo il lavoro come una zona di pericolo: i muscoli si irrigidiscono e la tensione cronica di collo, spalle e testa può essere associata a emicrania e forte cefalea.
Dolori muscolari: basti pensare alle posture inadeguate come anche alla mascella serrata e alle spalle ricurve dovute alla pressione che il nostro corpo subisce e percepisce come una minaccia. “Con i lavori tossici, il nostro sistema nervoso è sempre in agitazione – siamo costantemente sulle spine, pronti a reagire di fronte al capo o a un collega antipatico”, afferma Reynolds. Quando il lavoro diventa nocivo, ci si sente come se si stesse affrontando una tigre alla scrivania. Se percepisce una minaccia, il cervello inonda l'organismo di adrenalina dello stress.
Leggi anche: “Come trovare o ritrovare la giusta motivazione al lavoro”
Peggioramento della salute mentale: Reynolds dichiara che l'aumento dello stress rischia di aggravare problemi già esistenti relativi al benessere psichico. A tal proposito afferma: “ad esempio, può succedere a una persona molto ansiosa in un ambiente lavorativo particolarmente negativo: l'ansia potrà peggiorare fino a superare la soglia clinica”. Un esempio è l'eccessivo controllo da parte del capo, azione che, insieme ad altre simili, si ripercuoterà sulla salute mentale. Secondo un'indagine del 2012 condotta su 279 studi, esiste un nesso tra la percezione di un'ingiustizia e i disturbi riportati dai dipendenti, come alimentazione eccessiva e depressione. Kevin Kelloway, che possiede la Canada Research Chair in psicologia applicata alla salute occupazionale presso la St.Mary University, ritiene che un trattamento ingiusto al lavoro può causare uno stress eccessivo: “L'ingiustizia è un fattore di stress particolarmente deleterio perché ci colpisce nel vivo – quando mi tratti ingiustamente attacchi la mia dignità di persona – dicendo in pratica che non merito un trattamento equo o uguale a quello degli altri”.
Ci si ammala più spesso: secondo numerose ricerche, come quella condotta nel 2018 dal Department of Psychiatry della University Sains Malaysia, lo stress cronico compromette il sistema immunitario, rendendoci più sensibili ai malanni, come dei semplici raffreddori.
Perdita del desiderio sessuale: la frustrazione per un lavoro che non ci piace può portare anche a problemi di coppia, soprattutto quando ci si porta gli impegni professionali a casa. L'American Psychologial Association spiega che le donne che si dividono tra un lavoro stressante e impegni personali ed economici, riscontrano un calo del desiderio; gli uomini stressati, invece, producono meno testosterone e un abbassamento della libido. Reynolds afferma: “Per permettere all'eccitazione di liberarsi, c'è bisogno di sentirsi rilassati, poi entra in gioco il fattore tempo, molta gente sostiene di non avere tempo per fare sesso”.
Stanchezza abituale: affaticamento, spossatezza profonda e ore di sonno che non aiutano a sentirsi meglio. La stanchezza rientra tra i sintomi fisici lamentati dai dipendenti che si sentono sopraffatti dal troppo lavoro. Un senso di fatica e stanchezza che penetra nelle ossa portando il fisico all'esaurimento e al crollo.
Problemi allo stomaco: lo stress fa brutti scherzi come indigestione, costipazione e gonfiori, sintomi evidenti dello stress che va a incidere sulla digestione, sulla flora intestinale e spesso sull'umore generale. Kelloway spiega che l'agitazione è la causa delle fitte allo stomaco: “Dopo circa sei mesi dall'assunzione, ho iniziato a notare che ogni domenica pomeriggio avvertivo forti dolori allo stomaco. Non sono stati i sintomi ma il loro tempismo (proprio quando iniziavo a pensare alle cose da fare il lunedì mattina) a farmi sospettare un collegamento con il lavoro – Quando ho lasciato quel posto e sono passato ad altro, tutti i sintomi sono spariti”.
L'appetito cambia: il cervello influenza il modo in cui mangiamo. Secondo la Harward Health Letter, In situazioni di forte stress, la reazione “attacco o fuga” scatena la produzione di adrenalina che comunica al corpo di inibire la digestione per concentrarsi sul danno percepito da cui deve proteggerci. Se le situazioni di forte stress tendono a prolungarsi, le ghiandole surrenali rilasciano e potenziano il cortisolo, un ormone che può aumentare il senso di fame, facendoci trovare conforto nel cibo. Harward afferma che mangiate cibi ricchi di zucchero può mitigare le emozioni e le reazioni legate allo stress, i cosiddetti “comfort food” che, però, andrebbero evitati.
Per approfondire: “Overthinking, il pensare troppo al lavoro: di cosa si tratta e come risolverlo”
Una pausa è sicuramente un buon modo per proteggere la vostra salute psicofisica: Reynolds spiega: “Se non diamo al nostro sistema nervoso la possibilità di rilassarsi e ripartire, causeremo danni a lungo termine”. Inoltre, gli amici fuori dall'ambiente lavorativo insieme alla meditazione e allo sport possono aiutarci a combattere i sintomi dello stress. Occorre reimpostare il pensare negativo e modificare il nostro assetto mentale, proprio secondo la terapia cognitivo-comportamentale: “Non tutti hanno la possibilità di cambiare lavoro, ma possiamo concentrarci sulle situazioni che possiamo controllare”. In questo modo possiamo usare la consapevolezza per gestire il nostro inutile rimuginare sulla presentazione che abbiamo appena tenuto o su quello che i colleghi pensano di noi”.
Un altro rimedio potrebbe essere il licenziamento. Lo stress sarebbe proprio il campanello d'allarme che porta a questa decisione. Pfeffer spiega che troppi straordinari, assenza di autonomia, pianificazione precaria e instabilità economica sono fattori che contribuiscono a creare un clima tossico che ogni dipendente dovrebbe lasciarsi alle spalle: "È necessario risolvere i problema alla base, non solo gestirne i sintomi”.
Leggi anche: “Come affrontare i problemi sul lavoro con meno stress e più leggerezza”