Abitudini stravolte, cambiamenti drastici nel modo di lavorare e di relazionarsi con i colleghi. In parole povere cambia l'idea del luogo di lavoro con un ripensamento radicale degli spazi aziendali. Un'economia completamente stravolta in solo pochi mesi a causa di un'emergenza sanitaria che mai avremmo pensato di affrontare. Questo è stato (e probabilmente continuerà a essere) l'impatto dell'home working, il lavoro da casa. Ma quali sono le differenze tra smart working e home working? Andiamo per gradi.
Innanzitutto, smart working e home working non sono sinonimi. In comune hanno sì la delocalizzazione della postazione di lavoro, ma differiscono nella rispettiva regolamentazione del lavoro svolto.
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In inglese, quando si fa riferimento alla parola smart working, si parla di una particolare modalità di lavoro flessibile con processi, tecnologie e strumenti che lo rendono più funzionale. Per questo viene chiamato smart. Il punto è che non si fa riferimento al luogo in cui si svolge il lavoro, ma soltanto alle tecnologie utilizzate per renderlo più comodo e vantaggioso per il lavoratore.
In Italia, invece, quando si parla di smart working si pensa al lavoro agile, ovvero, un tipo di lavoro subordinato che si caratterizza per essere flessibile nei tempi e nei luoghi. Nella nostra società, attualmente, il termine è ormai utilizzato da tutti, anche se con differenze sostanziali dall'espressione anglosassone. Facendo infatti riferimento alla Legge n:81/2017:
“Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.
In sostanza, lo smart working italiano consente al lavoratore di decidere i tempi e i luoghi di lavoro senza il vincolo di una postazione fissa. Vige l'accordo tra le parti e può essere a tempo determinato o indeterminato con possibilità di recesso dalla modalità di esecuzione della prestazione previo preavviso. La novità della Legge 81/2017 consente la stipula del lavoro agile con forme di organizzazione del lavoro in termini qualitativi, con una prestazione lavorativa che viene eseguita in parte all'interno della sede aziendale e in parte all'esterno, senza una postazione fissa né l'obbligo di comunicazione preventiva al datore di lavoro o autorità esterne. La strumentazione tecnologica deve essere fornita dal datore di lavoro (che ne è responsabile), il quale dovrà fornire anche un'informativa annuale scritta che definisca i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. L'accordo inerente lo smart working deve essere sottoscritto dalle parti e depositato in modalità telematica al Ministero del Lavoro.
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Durante il periodo di lockdown, l'home working o, come si dice in italiano, il telelavoro, è stato pienamente sfruttato da numerosi lavoratori. In questo caso la prestazione lavorativa avviene al di fuori dei locali aziendali e all'interno della propria abitazione: questo non significa che il dipendente abbia le stesse disposizioni previste dallo smart working italiano; possiede comunque le stesse responsabilità e gli stessi compiti che aveva in ufficio.
La fonte costitutiva è l’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004 firmato dalle sigle sindacali CGIL, CISL e UIL e le associazioni datoriali a loro volta maggiormente rappresentative. L’Accordo è il recepimento dell’accordo-quadro europeo sul telelavoro stipulato a Bruxelles il 16 luglio 2002.
I supporti tecnologici e tutti gli strumenti necessari allo svolgimento del lavoro devono essere forniti e installati dal datore di lavoro, anche in questo caso diretto responsabile. Inoltre, il datore di lavoro è responsabile della salute e della sicurezza sul lavoro del lavoratore e dovrà accedere al luogo dove viene svolto il lavoro dandone preavviso al lavoratore qualora la prestazione venga svolta presso il domicilio, al fine di verificare la corretta applicazione delle disposizioni normative. L'accordo prevede che il carico di lavoro assegnato al lavoratore debba essere comparabile a quello dei lavoratori che svolgono il lavoro nella sede aziendale; il lavoro ha inoltre natura volontaria e può essere revocato e stipulato anche nel corso del normale rapporto di lavoro. Il datore di lavoro dovrà anche adottare misure di coinvolgimento dei lavoratori favorendo l'incontro generale con i colleghi e l'accesso a tutte le informazioni aziendali, offerte formative e alla progressione della carriera: questo per prevenire l'isolamento dei lavoratori e renderli partecipi di tutto ciò che accade in azienda.
In aggiunta, grazie all'intervento del Jobs Act sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, l’art 23 del D. Lgs. 80/2015, si è deciso di premiare i datori di lavoro che favoriscono il telelavoro nell’ambito di accordi collettivi stipulati con le associazioni sindacali prevedendo l’esclusione dei telelavoratori dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti per l’applicazione di particolari norme e istituti.
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Facciamo un breve riepilogo delle differenze citate finora, includendo anche il concetto di remote working.
Smart working: un nuovo modo di lavorare che si fonda su tecnologia, spazi e organizzazione aziendale. Un processo innovativo che parte dai vertici fino alla base, che riguarda maggiormente il come si lavora, più che il dove e quando. Un cambiamento fondato sulla qualità effettiva del lavoro e del modo di svolgerlo nella maniera più produttiva possibile.
Home working: il lavoro da casa. La propria abitazione, in questo specifico caso, deve essere riorganizzata per poter lavorare nel miglior modo possibile.
Telelavoro: un istituto giuridico nato negli anni '2000 a seguito di una direttiva europea che prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa a distanza rispetto alla sede principale. Il datore di lavoro è obbligato a fornire tutti gli strumenti necessari per garantire la salute e la sicurezza del lavoratore presso il suo domicilio.
Remote working: il lavoro da remoto che può essere svolto da casa, in un co-working o in qualunque altro ambiente. Questo è possibile se l'azienda nella quale si è dipendenti o con con la quale si collabora, ha già costruito una buona strategia di smart working.
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