Elisabetta Franchi: meglio assumere donna anta e puntare sugli uomini nei ruoli chiave. Queste sono state le parole della stilista italiana durante un'intervista sul rapporto donne-lavoro. Frasi che hanno subito scatenato la bufera e l'ira dei social media, trovando pareri molto contrastanti alla tesi della Franchi.
Una forte polemica che non lascia scampo all'apertura di un dibattito riguardo ai ruoli della figura femminile all'interno del mondo del lavoro, alla sua carriera e alla notevole differenziazione rispetto agli uomini, sempre più accentuata e discussa ancora oggi.
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La bufera social è iniziata a dilagare dopo l'intervista realizzata durante il convegno “Donne e moda: il barometro 2022” all'imprenditrice bolognese Elisabetta Franchi, in cui ha esposto le sue posizioni riguardo alla sua politica aziendale e ai valori delle donne nella quotidianità e nel lavoro. La stilista ha infatti affermato di scegliere di non assumere giovani donne per ricoprire ruoli dirigenziali a causa del mancato superamento di specifici step di vita, come la maternità e il matrimonio. Queste fasi, infatti, allontanerebbero le donne dalla carriera per un determinato periodo di tempo.
Nel momento in cui si sceglie una donna per ricoprire una carica importante poi, non ci si può permettere di non vederla per due anni, lasciando quella posizione scoperta. In questi casi, l'imprenditore si ritroverebbe in una situazione complicata da gestire, avendo comunque investito tempo, energia e denaro. Motivazione che ha spinto la Franchi a puntare sugli uomini. E continua, rivelando come lei stessa ha assunto nella sua azienda tante donne, ma anta, chiamate dalla stilista “ragazze cresciute” visto che se dovevano far figli, sposarsi o separarsi lo avevano già fatto, ragion per cui hanno effettuato tutti i giri di boa, pertanto, lavorare h24. Meno sensi di colpa e maggiore libertà quindi. Un dato di fatto, oltre che un problema che gli uomini invece non hanno, ma anche un dovere da parte delle donne, qualcosa di scritto nel Dna da non rinnegare. Le donne fanno i figli e rappresentano il camino della casa, ergo, spetta a loro occuparsene.
Dichiarazioni che sicuramente stonano con il suo appoggio al self-made woman, un modello e uno stimolo all'imprenditoria femminile proclamato da lei stessa qualche anno fa, in cui appunto affermava di essersi fatta strada in un mondo di uomini. Ma proprio per questo la stilista era stata invitata a parlare della sua ascesa nel mondo della moda e dell'imprenditorialità da madre e moglie, sinonimo di indipendenza ed emancipazione femminile, sacrificio e e impegno.
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La replica della Franchi non si è fatta attendere; poche ore dopo ha dichiarato su Instagram che le sue parole sono state fraintese e strumentalizzate, visto che le quote rosa nella sua azienda sono composte dal 75% di giovani donne impiegate e dal 5% di dirigenti e manager donne. Il restante 20% sono uomini e il 5% donne. Definisce quindi la sua, una realtà completamente al femminile, puntando il dito contro lo Stato italiano, colpevole di non aiutare le donne a bilanciare vita personale e lavoro.
Ma allora, perché non discutere di questo aspetto durante il suo discorso? Perché non considerare i fattori dell'età e delle scelte delle donne come un punto di partenza di una nuova politica sociale ed economica? La maternità non deve essere un tabù, ma una tematica importante da discutere, uno stimolo a trovare soluzioni concrete dal punto di vista del welfare, dei contratti collettivi, degli asili nido, dei congedi parentali, dei bonus, delle tutele per il datore di lavoro e via dicendo. E invece nulla, di questo agghiacciante discorso rimane solo il senso di colpa delle donne di essere troppo giovani e non essere in grado di lavorare e costruire una famiglia, ma anche di essere già troppo mature per farlo o per ricostruirsi una vita. Ma resta anche l'amarezza di un discorso incentrato su tappe della vita definite obbligate, come se decidere di avere figli, sposarsi e costruirsi una famiglia fosse per forza necessario per il completo appagamento di una donna.
Una sorta di colpevolizzazione delle donne, parole che gettano nell'ombra i diritti e le battaglie del genere femminile. Se vuoi avere figli, non puoi fare carriera, se vuoi lavorare, non puoi figliare. Possiamo anche definire il suo pensiero come un adeguamento al sistema e alle ingiustizie riguardo alla carriera e alla vita privata delle donne, non un ribaltamento di ciò che già accade da molto, troppo tempo in Italia.
Con queste si affermazioni non si fa altro che alimentare una mentalità sbagliata fatta di stereotipi, incentrata solo su beceri pregiudizi e dilaniante ignoranza. Rimane ancora una volta l'amaro in bocca per l'ennesima opportunità sprecata, per il silenzio assordante del pubblico e dei ministri presenti in sala, e per dover ancora parlare, nel 2022, di tutto questo.
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