Cosa fare se il lavoro inizia a starvi “stretto”? Come riuscire a sbloccare una situazione in cui si convive con un'insoddisfazione costante unita a stress e infelicità generale? Le cause di questo malcontento possono essere molteplici, non appartengono a uno specifico settore, né a condizioni lavorative comuni come lo stipendio o il livello professionale. Al giorno d'oggi infatti, il tema dell'insoddisfazione lavorativa è di grande attualità e colpisce persone appartenenti a diversi settori, da quello dei servizi a quello manifatturiero, sia a livelli dirigenziali più alti che a quelli più bassi.
Ciò che più determina l'insoddisfazione sono principalmente i ritmi frenetici, i carichi di lavoro eccessivi e gli ambienti di lavoro cosiddetti “tossici”, caratterizzati da rapporti pessimi con i propri colleghi, competizione eccessiva e malumori collettivi. Tutto questo può portare a un forte stress, ansia quotidiana e malessere psicofisico quotidiano. Difficoltà, pressioni e la gratificazione ridotta possono quindi generare scarsa motivazione e rendere la vita un vero e proprio tormento non solo per voi, ma anche per chi vi sta attorno. È chiaro, infatti, che un comportamento ostile e negativo va a influire sull'impegno su ciò che fate e sul conseguente raggiungimento degli obiettivi. Tutto ciò sarà chiaramente controproducente, mettendo a rischio anche la vostra reputazione.
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In generale, possiamo affermare che il tutto nasce principalmente dal non sentirsi realizzati sia livello personale sia a livello professionale, dando origine a infelicità e bassa produttività. Secondo lo scrittore Patrick Leoncini e il suo Three Signs of a Miserable Job, il punto non è il lavoro in sé ma il modo nel quale viene percepito dalla persona che lo svolge, che sente una mancata autorealizzazione. Un sentimento che nulla avrebbe a che fare con la razionalità. Leoncini parla di tre segnali di insoddisfazione lavorativa:
anonimato: quando le persone si sentono ignorate e non riconosciute sul posto di lavoro. Nonostante gli sforzi e l'impegno non c'è un dirigente o qualcuno in grado di apprezzarli. Per questo si sentono invisibili, anonimi, incapaci di amare ciò che fanno;
irrilevanza: quando una persona non conosce la vera rilevanza del proprio lavoro. È fondamentale, infatti, che il proprio operato conti per qualcuno. Se, viceversa, si tende a svolgere solo compiti inutili, si attuerebbe anche una sorta di mobbing sul lavoratore;
impossibilità di confronto: quando il lavoratore non riesce a fornire una valutazione obiettiva del proprio contributo al progetto comune, anche in base a una sorta di evoluzione del proprio ruolo. Quando il successo del proprio lavoro finisce per dipendere da opinioni soggettive o da capricci di terze persone (benevole o meno), è difficile che ci si possa sentire realizzati.
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Ma come fare per ridurre l'insoddisfazione per il lavoro e rendere le giornate più serene e appaganti? Sta solo a voi la decisione su quale atteggiamento assumere, il cambiamento dipende quasi esclusivamente da questa condizione. Ecco alcuni consigli che vi aiuteranno ad affrontare l'insoddisfazione lavorativa e a reagire nel modo più adeguato.
Uno dei segreti per sentirsi soddisfatti della propria vita è avere soprattutto stima di sé stessi e fiducia nelle vostre capacità. E anche se non doveste raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, gli sforzi non saranno mai vani perché vi serviranno ad acquisire maggiore consapevolezza per affrontare le prossime sfide della vita.
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