Non solo lavoratori stagionali: mancano anche medici, farmacisti e biologi. Già durante l'emergenza sanitaria si era compreso quando fosse complicato trovare alcune figure sanitarie essenziali per combattere la pandemia. Ora, dopo due anni circa, si è compresa la reale carenza nel marcato del lavoro di farmacisti, biologi e altri specialisti in scienza della vita, diventati oramai introvabili.
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Le imprese italiane sono sempre più in difficoltà nel trovare profili professionali specifici. È quanto afferma la ricerca intitolata “Il lavoro che c’è, i lavoratori che non ci sono” condotta dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro e mostrata a Bologna durante la conferenza stampa di presentazione del Festival del lavoro 2022. Lo studio evidenzia quali siano le figure professionali più difficili da trovare nel mercato del lavoro, ovvero farmacisti, biologi, specialisti in scienze della vita e medici.
A giugno 2022, su circa 560mila entrate al lavoro previste, 219mila (39,2%) risultavano introvabili. Nello stesso mese del 2019, il valore si attestava al 25,6%. L'analisi evidenzia come sia in aumento proprio la scarsità dei candidati, con il 23,7% contro il 12,2% del 2019. Il numero delle aziende che riscontra problemi nel reperire lavoratori adeguatamente preparati è rimasto circa lo stesso, 11%.
Anche i tecnici della sanità e dei servizi sociali risultano irreperibili, con un 54,6% rispetto al 32,4% del 2019. I tecnici nel settore informatico, ingegneristico e delle produzioni, sono tra le professioni più difficili da recuperare sul mercato (56,6%) anche se, in questo caso l’aumento è stato più contenuto.
Ma i lavoratori irreperibili sono anche gli operai specializzati e i conduttori di impianti, soprattutto nell’edilizia, con un tasso di irreperibilità che passa dal 29,1% al 49,9%. Ma non solo, mancano all'appello anche operai metalmeccanici, chimici e conduttori di mezzi di trasporto con una crescita che è passata dal 34,3% al 50,8%. Inoltre, rispetto a giugno 2022, è sempre più difficile trovare personale generico nelle costruzioni (dal 6,2% al 30,7%) e nelle attività commerciali e di servizio (dal 5% al 24,5%).
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Perché le aziende italiane non riescono più a trovare personale qualificato e competente? In base a ciò che si evidenzia nella ricerca dei consulenti del lavoro, si parla innanzitutto di calo demografico: tra il 2018 e il 2021, il tasso di popolazione in età da lavoro, dai 15 ai 64 anni, si è ridotta, con una perdita di ben 636mila residenti (-1,7%) di cui 262mila con meno di 35 anni (-2,1%).
A ciò si aggiunge il fatto che è diminuita anche la percentuale attiva di chi ha un lavoro e di lo cerca (-831mila per un decremento del 3,3%); non solo, è aumentato anche il numero di chi non cerca lavoro o è demoralizzato nel farlo (+194mila, con una crescita dell'1,5%).
Secondo la ricerca condotta, le cause dell'allontanamento dal lavoro devono essere ricondotte anche al rifiuto di accettare impieghi con basse retribuzioni e contratti irregolari, o anche ai sussidi economici come il Reddito di Cittadinanza. Ma si parla anche di desiderio di vivere meglio, con il desiderio di avere un maggior bilanciamento tra vita privata e vita professionale, una visione nettamente differente da ciò che accadeva in passato.
Un altro interessante dato è quello relativo agli immigrati: a fronte di una crescita della popolazione di origine straniera in età attiva (+1,6%), le forze lavoro sono diminuite del 3,5%, mentre è cresciuta esponenzialmente l'area dell'inattività (+14,4%).
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