Nuovo anno accademico in partenza: in molti sono ancora indecisi su quale corso di laurea scegliere, su quali obiettivi puntare per poter trovare un lavoro adatto sia alle proprie competenze ma anche a un mondo in continua evoluzione. Digitalizzazione massiccia, lavoro a distanza sempre più richiesto, nuove mansioni che nascono nel post Covid-9: insomma, è necessario essere preparati a scegliere con consapevolezza la strada più affidabile e innovativa sotto ogni punto di vista.
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In base agli ultimi dati raccolti da Alma Laurea riportati da Il Sole 24 Ore, le lauree scientifiche rimangono le più apprezzate dal punto di vista dei risultati sul mercato del lavoro. Tre anni dopo aver conseguito il titolo magistrale in ingegneria, informatica e chimica (a ciclo unico nel caso di giurisprudenza e medicina), queste discipline hanno garantito un posto di lavoro almeno nel 90% dei casi, con stipendi netti medi che partono dai 1.600 euro mensili.
Chi, invece, si laurea in aree umanistiche come storia dell'arte, psicologia, storia o filosofia, ha molta meno probabilità di trovare un impiego. Il 38% dei laureati in giurisprudenza, per esempio, non lavorava ancora tre anni dopo aver conseguito il titolo o, comunque, con un reddito molto più basso. Esistono tuttavia delle eccezioni, come per chi ha studiato comunicazione, che ha risultati lavorativi in linea con la media italiana e solo lievemente minori rispetto ai laureati in economia.
Per chi ha studiato Legge, invece, solo di recente la situazione occupazionale e remunerativa è migliorata; in ogni caso rimane ancora una disciplina che porta a risultati ancora molto inferiori rispetto alla media nazionale. Un dato importante riguarda anche i laureati in filosofia, che hanno visto una sostanziale perdita di reddito dal 2010 al 2013, per poi risalire recentemente con un tasso di occupazione fra il 70 e l'80%.
È fondamentale notare, inoltre, che i valori di Alma Laurea che riguardano gli stipendi sono nominali, ovvero, non tengono conto dell'aumento del costo della vita causato dall'inflazione. Non si tratta di valori alti ma il costo della vita dal 2010 al 2019 è aumentato di circa il 10%; di conseguenza, chi percepisce uno stipendio identico, oggi acquista meno beni e servizi rispetto ad allora. Se in questo periodo il reddito non è aumentato di almeno il 10%, il lavoratore in questione è diventato più povero. I laureati in filosofia e in ingegneria informatica, ad esempio, guadagnano tecnicamente di più rispetto al 2010, ma si tratta di aumenti in linea con la crescita del paniere di beni e servizi: questo significa che il loro tenore di vita rimane più o meno lo stesso.
Un caso differente riguarda chi ha studiato economia, il cui stipendio medio dal 2010 è aumentato solo di qualche decina di euro: chi si è laureato, quindi, si è visto ridurre il proprio tenore di vita reale.
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Vi è anche una differenziazione geopolitica sempre secondo i dati Alma Laurea. Chi si laurea al nord, in generale, tende ad avere risultati lavorativi migliori rispetto alle università del sud: ad esempio, in facoltà come il Politecnico di Torino, gli studenti hanno trovato lavoro il 95% delle volte entro tre anni dalla laurea, mentre, in altre università del sud come Chieti-Pescara, Messina o all'università del Molise, i valori degli stipendi scendono drasticamente. I dati rilevati sono il risultato anche dei corsi di laurea offerti: i politecnici vanno bene sia a nord che a sud, e quello di Bari, ad esempio, porta a esiti lavorativi migliori di tante università del settentrione per la sua offerta formativa.
Questo dimostra che esistono differenze non per forza relative alla qualità dell'offerta formativa, ma anche al tipo di corsi proposti. Esempio: se un'università forma sempre allo stesso modo i propri studenti, ma sostituisce corsi che sono più gettonati per il mercato del lavoro con altri meno attraenti, è normale che i risultati ne risentano anche se non cambia nulla riguardo alla qualità dell'istruzione. La domanda qua sorge spontanea: perché allora tante facoltà propongono corsi che portano a situazioni occupazionali tanto instabili?
La ricerca Alma Laurea afferma inoltre che, su oltre 290mila laureati nel 2019, quasi la metà (45,6%) ha conseguito il titolo nella stessa provincia dove ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado. Il 25,7% dei laureati ha sperimentato una mobilità limitata, ottenendo il titolo in una provincia limitrofa a quella del conseguimento del diploma. Il 12,9% ha sperimentato una mobilità di medio raggio, laureandosi in una provincia nn limitrofa, ma rimanendo all'interno della stessa ripartizione geografica (Nord-Centro-Sud), mentre un 13,5% ha conseguito il titolo di laurea in una ripartizione geografica diversa da quella del diploma. Il 2,4% ha completato gli studi in una facoltà italiana ma possiede un diploma conseguito all'estero.
Le università del nord hanno una qualità maggiore rispetto a quelle del sud: questo viene confermato anche dalla mobilità degli stessi studenti. La ricerca, a questo proposito, afferma: “Le migrazioni per ragioni di studio sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro-Nord. La quasi totalità dei laureati che hanno ottenuto il titolo di scuola secondaria di secondo grado al Nord ha scelto un ateneo della medesima ripartizione geografica (97,0%). I laureati del Centro rimangono nella medesima ripartizione geografica nell’87,4% dei casi; del restante 12,6% la maggioranza (ossia il 9,9%) ha optato per atenei del Nord. È per i giovani del Sud e delle Isole che il fenomeno migratorio assume, invece, proporzioni considerevoli: il 26,5% decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord, ripartendosi equamente tra le due destinazioni. Un altro aspetto interessante riguarda i laureati provenienti dall’estero: oltre il 90% sceglie un ateneo del Centro-Nord”.
Questi risultati sono comunque in crescita, nello specifico ora sono al 3,7% del totale rispetto al 2,7% del 2009. I licei contano per circa tre quarti dei futuri laureati, appena il 2% arriva da un istituto professionale.
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La ricerca Alma Laurea ha analizzato anche l'età media alla laurea: “L’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2019 è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età “canoniche” dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2019 in media è pari a 1,4 anni”.
Un dato incoraggiante è la migliore regolarità degli studi: se nel 2009 si laureava in tempo poco meno del 40% degli studenti, dieci anni anni dopo si è arrivato a un buon 56%. Dati che rivelano, anche in questo caso, differenze regionali. A parità di condizioni, chi si laurea al centro impiega il 12,5% in più rispetto a chi si laurea al nord e a chi si laurea al sud o nelle isole (19,8% in più).
Veniamo ora alla questione tirocini ed esperienze di studio all'estero. Sempre secondo Alma Laurea, grazie ad essi, si aumenta in maniera significativa la possibilità di trovare lavoro.
“Nel 2019 il tasso di occupazione (che include anche quanti risultano impegnati in attività di formazione retribuita) è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello del 2018. Il confronto con le precedenti rilevazioni evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014 (anno che ha rappresentato il punto di svolta), risulta aumentato di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per i laureati di secondo livello. Si tratta di segnali positivi che, tuttavia, non sono ancora in grado di colmare la significativa contrazione del tasso di occupazione osservabile tra il 2008 e il 2014 (-16,3punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi)”.
Per quanto riguarda invece le retribuzioni: “A un anno dal titolo è nel 2019, in media, pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello. L’aumento rilevato, tuttavia, non è ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo più difficile della crisi economica che ha colpito i neolaureati, ovvero tra il 2008 e il 2014 (-28,7% per il primo livello, -21,2% per il secondo livello)”.
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