Dimissioni e preavviso: come funziona? Le dimissioni sono l’atto con cui il lavoratore esprime la volontà di interrompere il rapporto di lavoro. Per dare le dimissioni dal proprio lavoro nel modo più adeguato e corretto, bisogna rispettare un periodo di preavviso minimo stabilito dalla Contrattazione Collettiva, a meno che si tratti di dimissioni in tronco per giusta causa. In assenza di questo periodo, si parla di mancato preavviso con le relative conseguenze economiche del caso.
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Il preavviso da parte del lavoratore che desidera dimettersi serve per concedere all’azienda il tempo necessario per trovare un sostituto e/o di riorganizzare l’attività produttiva. Il dipendente, quindi, è tenuto a comunicare la sua scelta con anticipo, il cosiddetto “periodo di preavviso”, la cui durata è fissata dai CCNL (Contratto Collettivo Nazionale).
Il periodo di preavviso, pertanto, è il lasso di tempo tra la comunicazione di cessazione del contratto di lavoro della parte che recede e l’ultimo giorno di lavoro effettivo. Da precisare che il periodo di preavviso non è sempre obbligatorio per:
la lavoratrice madre che si dimette entro un anno di età del bambino;
il lavoratore che si dimette per giusta causa;
il datore di lavoro che recede per giusta causa;
in caso di mutuo consenso, ossia su accordo delle parti;
in caso di recesso intervenuto durante il periodo di prova;
in caso di promozione ad una qualifica superiore (quando il contratto prevede la cessazione del vecchio rapporto e la costituzione di un nuovo rapporto senza soluzione di continuità).
In caso contrario, sia il lavoratore che vuole dimettersi che il datore di lavoro che intende licenziare un proprio dipendente, sono tenuti a rispettare il periodo di preavviso secondo quanto previsto dall’art. 2118 del Codice Civile. Si tratta di una forma di tutela che serve per avere il tempo necessario per cercare un’altra risorsa in sostituzione e per attenuare le conseguenze e gli eventuali danni che potrebbero derivare da una brusca chiusura del rapporto di lavoro.
Dimettersi in tronco, senza osservare il periodo di preavviso, obbliga il lavoratore dipendente a farsi carico dell'indennità di mancato preavviso, che viene solitamente trattenuta dalle somme che il datore di lavoro deve al lavoratore. Per questo è fondamentale informarsi su quale sia la durata del preavviso e su cosa bisogna fare.
Il lavoratore può recedere dal contratto di lavoro in qualsiasi momento, anche se, in generale, le tempistiche sono indicate nel contratto individuale di lavoro; in caso contrario, si deve far riferimento al Contratto Collettivo Nazionale (CCNL).
Il preavviso inizia a decorrere dal momento in cui il datore di lavoro viene a conoscenza della volontà del lavoratore di dimettersi. In altri casi, a seconda del contratto, si conta dal 1° giorno o dal 15° giorno del mese. Da specificare che nel contratto di lavoro possono essere inserite delle clausole, attraverso cui una o entrambe le parti si impegnano a non recedere dal rapporto per un certo periodo di tempo.
La durata fissata dai contratti collettivi varia a seconda della categoria dei lavoratori, del livello di inquadramento, dell’anzianità e, talvolta, a seconda che si tratti di licenziamento o di dimissioni. Il preavviso decorre dal momento in cui è conosciuto dall’altra parte e si considerano tutti i giorni del calendario, salvo diverso accordo individuale o collettivo. La decorrenza del preavviso è interrotta al sopraggiungere dei seguenti eventi:
malattia;
ferie;
maternità;
infortunio.
Il periodo di preavviso non può coincidere con le ferie, mentre possono essere regolarmente fruite le ore di permesso maturate. Alcuni contratti collettivi, infine, prevedono espressamente che durante il compimento del periodo di preavviso l’azienda concederà al lavoratore dei permessi per la ricerca di un nuovo impiego.
Il mancato rispetto del periodo di preavviso costituisce inadempienza contrattuale, per cui la parte che lo subisce può richiedere un risarcimento. Se il datore rinuncia al preavviso, egli non potrà trattenere alcuna somma e l’ultimo stipendio dovrà essere corrisposto integralmente. Anche in caso di pacifico accordo tra le parti, è importante conservare una prova scritta di quanto pattuito, per evitare contestazioni e/o incomprensioni.
Il tempo di preavviso determina i giorni in cui occorre presentarsi sul posto di lavoro prima di assentarsi o cambiare occupazione. Per farlo, è necessario l’invio telematico: dal 12 marzo 2016, infatti, l’invio dei moduli di dimissione può essere inviato al datore di lavoro solamente online e con posta elettronica certificata (PEC). Il modulo può essere inviato dal lavoratore in autonomia (se in possesso di apposite credenziali) o rivolgendosi a intermediari abilitati (sindacati, patronati, consulenti del lavoro).
Una volta inviato, occorre aspettare fino allo scadere del preavviso obbligatorio per la maggior parte dei casi, anche se per alcuni settori le dimissioni iniziano dal primo o quindicesimo giorno del mese. Se ci fosse un ripensamento, fino al settimo giorno dopo l’invio, è possibile annullare le proprie dimissioni.
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