Troppo anziani per lavorare? Troppo giovani? Non in grado di rispettare gli standard relativi alla “bella presenza” decretata dall'azienda? Quante volte vi siete sentiti discriminati durante un colloquio di lavoro per la vostra età o per il vostro aspetto esteriore?
Purtroppo è capitato a tanti candidati di ritrovarsi in situazioni poco piacevoli come queste. Fortunatamente, grazie alla trasformazione del mercato del lavoro verso professioni sempre più digitalizzate e innovative, anche le procedure di selezione del personale stanno evolvendo in metodi più equi e imparziali. Nello specifico, si parla di “colloquio al buio” o “blind interview”.
Ma perché sarebbe meglio affidarsi a una selezione al buio? Quali sono i fattori che più di tutto hanno portato le aziende di recruiting a pensare a nuovi metodi di selezione dei candidati?
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Sono tanti gli episodi di discriminazione anagrafica (age shaming) denunciati sui social network. Ma non solo, le disparità di trattamento prima e durante il processo di selezione del personale, sono svariate, dall'aspetto fisico al luogo di nascita, fino al sesso e all'anno di conseguimento degli studi. Per questi motivi si è arrivati a una soluzione a molti problemi di discriminazione nella ricerca di un lavoro: la blind recruitment, ovvero, la selezione la buio, che prevede l'abolizione di tutti i dati sensibili sul curriculum.
Pensate, i lavoratori italiani sono al primo posto in Europa tra coloro che dichiarano di subire discriminazioni sul posto di lavoro. Per il 19,3% degli over 55 l’età è il principale motivo per cui si sentono discriminati e il 22% tra i 45 e 54 la considera il più grosso ostacolo alla professione. L'age shaming, infatti, avviene sempre più spesso a causa dell'abbassamento della soglia anagrafica, specialmente in un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo. Molte aziende, infatti, pur di abbassare i loro costi, preferiscono profili che costano meno per accedere a sgravi fiscali che consentono di assumere persone entro fasce d'età specifiche.
Purtroppo, a livello inconscio, tutti hanno dei pregiudizi che influenzano le proprie scelte; in questo modo, anche quando si legge un curriculum di un candidato si è condizionati inconsciamente. Il nome, l'università, la data e il luogo di nascita possono influenzare notevolmente il giudizio su un professionista.
Grazie al colloquio al buio, invece, si riesce a tenere da parte i pregiudizi inconsci e a diversificare le risorse all'interno dell'ambiente lavorativo, aumentando l'inclusività e la diversità grazie alle reali abilità e competenze dei candidati.
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Il processo della blind interview è piuttosto semplice: i candidati possono presentarsi ai selezionatori in stanze prive di luce, in modo che siano rese evidenti le loro effettive competenze e abilità in maniera obiettiva e consapevole. Il selezionatore pone le domande tradizionali di un colloquio. Dopo 18 minuti di assenza di luce, si perde la capacità di interpretare il ruolo imposto e si comincia a rispondere in maniera istintiva.
Tutti i sensi sono attivati, tranne la vista, ed è per proprio per questo che l'esperienza permette ai partecipanti di non essere influenzati da fattori esterni, come aspetto fisico. Con l'assenza della luce e focalizzandosi solo sull'ascolto, infatti, si è privi del condizionamento causato dalla vista, con la conseguente possibilità di concentrarsi solo su ciò che è realmente importante. Una volta concluso il colloquio, entrambe le parti hanno la possibilità di vedersi, scambiare commenti e suggerimenti sull’esperienza appena vissuta.
In quali contesti è stato già applicato il colloquio al buio? La prima tecnica di selezione risale al 1980, a Toronto. La Symphony Orchestra della città, che fino a quel momento era composta quasi esclusivamente da uomini, comprendendo questo limite, ha deciso di applicare un metodo differente per reclutare nuove personale. La selezione è avvenuta svolgendo le audizioni dietro a uno schermo, in modo che i selezionatori non potessero vedere il candidato, ma solamente sentirlo suonare. Il risultato? Un’orchestra completamente rinnovata, composta al 50% da uomini e al 50% da donne e una produttività decisamente migliorata.
La blind interview viene già utilizzata in Finlandia e, da tempo, anche in grandi realtà come Deloitte e Hsbc. In Italia, alcune aziende come Velvet Media, specializzata nel marketing digitale, ha annunciato che da ora in poi ricorrerà sempre a questo tipo di selezione e che il curriculum dovrà essere inviato senza foto, indicazione di età, genere e provenienza.
La blind recruitment, naturalmente, deve essere accompagnata da un percorso di training che aiuti i selezionatori a riconoscere i propri pregiudizi a livello inconscio, affinché possano imparare a gestirli al meglio durante le fasi di reclutamento del personale.
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