Una settimana lavorativa di soli quattro giorni, ma con lo stesso stipendio: credete sia una semplice utopia? In Italia, per il momento, rimane ancora un lontano miraggio anche se, diciamolo, alcune aziende stanno già tentando la sperimentazione. In alcuni Paesi europei, invece, si comincia a fare sul serio.
In queste ultime settimane, infatti, la Spagna ha dichiarato di volerci provare: a Valencia, ad esempio, è già partita la sperimentazione e, nel resto del mondo, l'idea è stata già testata da numerose aziende con buoni risultati.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione che potrebbe scombussolare l'attuale sistema organizzativo del lavoro, che in Italia vede un massimo di 40 ore settimanali con la possibilità di riduzioni sì, ma non di aumenti.
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Per scoprire il principio della settimana lavorativa più corta dobbiamo tornare al 1997, anno in cui il presidente francese Jacques Chirac propose una riduzione degli orari da 39 a 35 ore settimanali. Lo scopo era quello di assorbire una grande quantità di oneri fiscali e contributivi dello Stato per poter offrire ai lavoratori più tempo libero, una migliore qualità della vita e più possibilità di spendere.
Il concetto era chiaro: lavorando meno, i consumi sarebbero aumentati insieme al Pil e, di conseguenza, indirettamente, sarebbe anche aumentato il fatturato degli stessi imprenditori. Le aziende non erano favorevoli a tutto questo: si finì in un dibattito ideologico che portò, nel 2002, alla riduzione effettiva della settimana con le 35 ore che diventarono un obbligo di legge. Pian piano gli scontri finirono e a oggi, in Francia, sono tutti soddisfatti della scelta fatta diversi anni fa.
In Spagna, invece, i quattro giorni di lavoro settimanali sono stati proposti da Más País, partito di Iñigo Errejón, creato dopo l’uscita da Unidas Podemos. Il 2021 potrebbe quindi rivelarsi decisivo per l'introduzione delle 32 ore di lavoro su 4 giorni. Gli ostacoli ci sono ma l'obiettivo comune è di migliorare la qualità della vita e il Pil del Paese. Tra le altre importanti motivazioni vi è anche la riduzione dell'inquinamento, la riqualificazione della forza lavoro con l'aggiornamento delle nuove tecnologie nel tempo libero e l'utilizzo dell'intelligenza artificiale nelle mansioni più ripetitive, senza affossare il potere d’acquisto e, di conseguenza, la domanda interna. Ultima ma non meno importante, il raggiungimento di un maggiore benessere e di una migliore organizzazione della vita, che permetterebbero un aumento della produttività oraria che, a ogg,i si rivela il vero ostacolo del lavoro in Spagna.
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L'esperimento al quale sta pensando la Spagna avrà una durata di tre anni su un numero ridotto di imprese. A disposizione ci dovrebbero essere 50 milioni per aiutare le aziende che vogliono mettersi alla prova: i costi maggiori sarebbero coperti al 100% il primo anno, al 50% il secondo e al 33% il terzo. A quel punto la ditta potrà valutare l’effettivo aumento della produttività individuale e la convenienza delle 32 ore settimanali sul proprio bilancio.
Le opinioni contrarie non sono tardate ad arrivare. La Confindustria spagnola (Ceoe), infatti, non è per niente d'accordo sul progetto; nello specifico, la sezione aragonese ritiene che, nel pieno della peggior crisi spagnola dai tempi della guerra civile, si debba lavorare di più, non di meno, altrimenti, non se ne verrà mai fuori.
Importante comunque sottolineare che in Spagna ci sono già diverse aziende che stanno adottando le 32 ore settimanali. Come a Jaen, nel centro della Spagna, nella Software Delsol, azienda con 193 lavoratori e 56mila clienti, dove già da un anno la produttività è aumentata del 6% e l'assenteismo, già sotto la media nazionale, è calato del 30%. E, fattore di notevole importanza, sia gli impiegati che le società sono soddisfatti. Anche la Comunidad Valenciana (sempre in Spagna), ha anticipato il governo di Madrid e ha realizzato, per il 2021, un mini piano di sostegno alla sperimentazione dal valore di 4 milioni.
Oltre alla Spagna, nel mondo sono in corso anche altre sperimentazioni. In Giappone, per esempio, Microsoft ha sperimentato le 32 ore nell’estate del 2019, con ottimi risultati: la produttività è salita del 40% e la produzione di CO2 è scesa del 20%. In Nuova Zelanda, invece, la Unilever locale sta testando la settimana dei 4 giorni per i suoi 80 dipendenti che avrà la durata di un anno, un test che finirà a dicembre 2021.
Anche il Regno Unito vuole unirsi al progetto della settimana di lavoro ridotta dopo la pandemia. Si stima che sarebbero circa 3 milioni i dipendenti che potrebbero trarre vantaggio da questa novità, sia per quanto riguarda la flessibilità che per una maggiore efficienza sul piano lavorativo. Da sottolineare il fatto che nel Regno Unito, già il 5% delle piccole e medie imprese ha proposto ai propri dipendenti la settimana ridotta.
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In Italia, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, alcune aziende stanno già testando la nuova modalità di lavoro ridotta. Nello specifico, Carter & Benson, a Milano, ha introdotto la settimana corta a 36 ore a gennaio 2020. Il risultato è stato ottimale, senza cali di produttività e con lavoratori più motivati. Sulla stessa scia troviamo Awin, azienda del marketing a livello mondiale con 1000 dipendenti di cui 32 in Italia, che quest'anno ha proposto una settimana lavorativa di quattro giorni, senza riduzioni di stipendio. I dipendenti possono scegliere quando utilizzare il nuovo giorno libero e, volendo, continuando il lavoro a distanza.
La settimana lavorativa di quattro giorni in Italia, per il momento, è un esperimento portato avanti da poche aziende, ma che in futuro, potrebbe espandersi e soddisfare le esigenze di tutti. È necessario sicuramente un cambio di mentalità, voglia di mettersi in gioco, avere spirito di squadra e lungimiranza. Grazie allo smart working si procede verso un rinnovamento delle modalità organizzative del lavoro, fattore che potrebbe anche aumentare la fiducia verso i dipendenti.
Ma non solo, serve anche un aiuto da parte dello Stato: il governo deve agevolare le imprese che vogliono promuovere nuovi progetti di welfare aziendale, infondendo fiducia e stimoli concreti, e fare in modo che queste iniziative possano realmente espandersi.
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