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Situazione sentimentale? Figli? Partito politico? Ecco tutte le domande illegali in un colloquio di lavoro

VENERDÌ 30 APRILE 2021 | Lascia un commento
Foto Situazione sentimentale? Figli? Partito politico? Ecco tutte le domande illegali in un colloquio di lavoro
Scritto da Stefania Pili

Esistono domande illegali o illegittime che non si devono mai porre durante un colloquio di lavoro? Ebbene sì, spesso capita che i selezionatori, oltre a indagare sulle competenze e sulle capacità del candidato, analizzino anche aspetti della vita privata con domande un po' troppo personali.

Ma non ci sono soltanto gli evergreen intramontabili come “Ha figli o ha intenzione di farne?” oppure “Lei è fidanzata/o o sposata/o”, perlopiù indirizzati a candidate donne; nell'elenco troviamo domande che toccano aspetti ancora più privati, dalle condizioni di salute ai rapporti familiari, fino alla religione e al partito politico.

Quesiti che risultano quasi sempre inappropriati in riferimento al ruolo da coprire. Ma non sono solo irrilevanti: il più delle volte queste domande violano le disposizioni di legge, come ad esempio lo Statuto dei lavoratori o il Codice delle pari opportunità, secondo il quale è vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, sia che questo venga esercitato in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma. Questo divieto viene esteso anche ai criteri di selezione, alle condizioni di assunzione e alla promozione sul posto di lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, estendendosi a tutti i livelli della gerarchia professionale.

 

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Le domande che il selezionatore non deve fare

Le domande illegali sugli aspetti della vita privata del candidato sono molteplici: dalla situazione famigliare e sentimentale alla salute fisica e psichica, dal credo politico e religioso fino ai lavori precedenti (possibili problemi con il datore di lavoro per esempio). Vediamole nel dettaglio.

 

Domande su situazione sentimentale e famigliare

«È sposato/a?», «Fidanzato/a?» oppure «Ha figli o ha intenzione di averne in futuro?» sono le più frequenti, specialmente se il candidato è una donna. Secondo l’articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006, il Codice delle pari opportunità fra uomo e donna, è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, sull’orientamento sessuale, sullo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza della persona intervistata, indipendentemente dalle modalità di assunzione, dal settore di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale.

Inoltre, le domande inopportune sullo stato di maternità o paternità, sia naturale che adottiva, comprendono anche quesiti sulla gestione della famiglia, come la presenza di una tata o una nonna in casa che possa accudire eventuali figli. (Qualcuno l’aiuta con i figli?). La disposizione del decreto 198 si applica anche alle domande sulle professioni esercitate dai genitori del candidato, cosa assolutamente non tollerabile (Che tipo di lavoro svolgono i suoi genitori?)

 

Domande sulla salute fisica e psichica

«Ha sofferto o soffre di depressione?» «Ha sofferto o soffre di attacchi di panico?» oppure «Segue una cura farmacologica?». Come si può ben immaginare, si tratta di questioni che appartengono, senza alcun dubbio, alla vita privata di una persona.

Il decreto legislativo 276 del 2003 protegge un candidato da domande relative al suo stato di salute. È illecito anche chiedere se si ha qualche disabilità, fatta eccezione per gli appartenenti alle categorie protette che devono dichiarare tale condizione sul proprio curriculum vitae: in questo caso, le indagini sul tipo di disabilità sono permesse per assistere queste categorie di lavoratori nella ricerca di un lavoro o nell’inserimento di un’azienda.

In questo contesto ricadono anche le professioni per cui la legge prevede una specifica sorveglianza sanitaria, che può portare anche a visite preventive (pensate unicamente per tutelare il lavoratore e non per permettere di far conoscere dettagli privati del dipendente). Queste visite sono successive all’assunzione ma antecedenti all’inizio dell’attività lavorativa, oppure pre-assuntive, ovvero antecedenti l’assunzione stessa.

 

Domande sul credo politico e religioso

«Lei è religioso/a?», «Professa una religione?», «La sua religione celebra qualche festività?». In questi casi si fa riferimento all’articolo 8 dello Statuto lavoratori secondo cui è vietato per il datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, così come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, effettuare indagini su opinioni politiche e religiose del lavoratore o su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale.

Di conseguenza, non si possono chiedere pareri su determinati esponenti politici, provvedimenti di legge o credo religioso. Tra le domande a sfondo politico troviamo: «Risulta iscritto al sindacato?» «Qual è il suo pensiero sulla legge x?» Anche queste domande, naturalmente, sono formulate solo allo scopo di indagare sulle opinioni politiche e personali del candidato.

 

Domande sui lavori precedenti

«Ha mai avuto problemi con il suo precedente datore di lavoro? Di che genere?». Anche in questi casi si sfocia sull'illegittimità delle domande poste a un candidato: l’articolo 10 del decreto legislativo 276 del 2003, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, rafforza il divieto di indagine sulle opinioni personali del candidato per evitare di incorrere in trattamenti discriminatori. Agenzie per il lavoro e, in generale, soggetti a cui è affidato il ruolo della selezione di risorse umane non possono dunque porre domande su eventuali controversie con superiori antecedenti, a meno che informazioni di questo tipo non costituiscano un requisito essenziale e ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa.

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Ma come reagire di fronte a domande illegittime?

Probabilmente non esiste una risposta univoca per tutti i candidati. Molto dipende anche dalla personalità di ognuno e da quanto sono delicate alcune tematiche. Tuttavia, rimane il diritto da parte del candidato di rifiutarsi legittimamente di rispondere a una domanda che non è funzionale al ruolo per il quale sta effettuando il colloquio di lavoro.

Il discorso è alquanto spinoso anche perché si tratta di argomenti relativi ai diritti, alla libertà e alle scelte delle persone. Per questo non esiste una risposta giusta o una risposta sbagliata. Risulta però fondamentale essere sereni e stare a proprio agio in una situazione di assoluto equilibrio tra selezionatore e candidato.

 

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