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Vaccinazione anti-Covid sul posto di lavoro: regole e diritti alla privacy

MERCOLEDÌ 09 GIUGNO 2021 | Lascia un commento
Foto Vaccinazione anti-Covid sul posto di lavoro: regole e diritti alla privacy
Scritto da Stefania Pili

Sono state pubblicate le indicazioni per le vaccinazioni anti SARS-CoV-2/ Covid-19 sui luoghi di lavoro. Il documento è stato realizzato dall'Inail insieme ai ministeri del Lavoro e della Salute e chiarisce i requisiti e la procedura per l'attivazione dei punti vaccinali territoriali per i lavoratori.

Il Protocollo nazionale sottoscritto il 6 aprile 2021, quindi, fornisce tutte le indicazioni necessarie per l'allestimento in sicurezza dei punti vaccinali e le procedure che il datore di lavoro dovrà assicurare, garantendo sempre i requisiti di efficacia ed efficienza.

La creazione dei piani vaccinali per l’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid-19 nei luoghi di lavoro, inoltre, costituisce un’iniziativa di sanità pubblica, ragione per la quale la responsabilità generale e la supervisione dell'intero processo rimangono in capo al Servizio sanitario regionale, che dovrà essere attuata nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati. Il Garante per la privacy, infatti, ha adottato un documento specifico sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro per fornire indicazioni generali sul trattamento dei dati personali. Vediamoli nel dettaglio.

 

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Come organizzare la campagna vaccinale in azienda

Quali sono i presupposti indispensabili per vaccinare i lavoratori in azienda? Vediamoli uno a uno:

  • la disponibilità di vaccini; 

  • la disponibilità dell'azienda;

  • la presenza/disponibilità del medico competente o di personale sanitario;

  • la sussistenza delle condizioni di sicurezza per la somministrazione di vaccini;

  • l'adesione volontaria e informata da parte delle lavoratrici e dei lavoratori;

  • la tutela della loro privacy e la prevenzione di ogni forma di discriminazione.

Nel documento, inoltre, viene precisato che i punti vaccinali nelle imprese: «dovranno garantire tutti i requisiti di efficacia, efficienza e sicurezza» previsti per tutti i cittadini in ogni contesto della campagna di vaccinazione anti-Covid. Per assicurare «tempestività, efficacia e livello di adesione», gli spazi destinati alla somministrazione dei vaccini in azienda, compresi quelli allestiti presso punti vaccinali territoriali approntati dalle associazioni di categoria di riferimento, potranno essere utilizzati per la vaccinazione di lavoratori appartenenti anche ad altre imprese, come quelli che «prestano stabilmente servizio» presso l'azienda utilizzatrice.

La vaccinazione sul luogo di lavoro rappresenta «un'opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie» dell'offerta vaccinale che «sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire alla vaccinazione in azienda».

Ma come si organizza il piano vaccinale in azienda? Innanzitutto, le imprese devono aderire all'iniziativa e comunicare poi il tutto all'azienda sanitaria di riferimento, aderire agli oneri, che sono a carico del datore di lavoro o delle rispettive associazioni di categoria, a eccezione dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi), e degli strumenti formativi e per la registrazione delle vaccinazioni.

In secondo luogo, vi sono anche una serie di requisiti preliminari: la vaccinazione in azienda deve prevedere la presenza dei materiali, delle attrezzature e dei farmaci necessari allo svolgimento in sicurezza delle attività, e di strumenti informatici che permettano la registrazione dell'avvenuta inoculazione del vaccino, secondo le modalità fissate a livello regionale.

L'impresa è tenuta a programmare anche la somministrazione della seconda dose, quando prevista, secondo le modalità e tempistiche di ciascun vaccino. La registrazione deve essere effettuata subito dopo la somministrazione, durante il periodo di osservazione post-vaccinazione della durata di almeno 15 minuti. Nel caso di reazioni avverse, si dovrà intervenire utilizzando le modalità di segnalazione previste dalla Regione o Provincia autonoma di riferimento; per questo è necessario prevedere la presenza di risorse in grado di gestirle. In ogni caso, si consiglia di indirizzare eventuali soggetti a rischio all'azienda sanitaria competente, in modo che possano essere vaccinati in un ambiente protetto.

Inoltre, per la formazione del personale coinvolto nelle operazioni di vaccinazione, sulla piattaforma dell'Istituto superiore di sanità dedicata alla formazione a distanza in salute pubblica (Eduiss) è disponibile il corso «Campagna vaccinale Covid-19: la somministrazione in sicurezza del vaccino anti Sars-Cov- 2/Covid-19», che sarà integrato con un modulo specifico per la vaccinazione nei luoghi di lavoro, curato dall'Inail in collaborazione con l'Iss.

 

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Come proteggere la privacy sui dati condivisi

E per quanto riguardo la condivisione delle informazioni sanitarie tra colleghi di lavoro e tra datori e dipendenti? Recentemente, il legislatore europeo ha decretato che i dati sanitari rientrano tra le “categorie particolari di dati personali” e vanno sempre tutelati in termini di privacy.

In base a quanto riferito dal Garante, il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l’avvenuta vaccinazione anti Covid-19, ma nemmeno chiedere al lavoratore di esibire il green pass dal 15 giugno. Queste informazioni non possono essere scambiate neanche con il consenso del lavoratore. Ecco le parole precise del Garante:

"Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo”.

Ma non solo: il datore non può neanche ottenere l’elenco dei vaccinati dal medico competente. Secondo il Garante, infatti, “solo il medico competente può trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica”.

La vaccinazione, inoltre, non può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro: “Solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica”, specifica l’Autorità.

Il datore di lavoro dovrà limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore. Se un dipendente sia vaccinato o meno, non è un’informazione che può riguardare l’azienda o i colleghi.

 

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