Dopo la Great Resignation arriva il Quiet Quitting: più tempo libero e meno fatica. Una nuova tendenza dei più giovani che non accettano di lavorare oltre l'orario prestabilito, nel weekend o con straordinari e incarichi che esulano dalla normale routine professionale.
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Dopo le Grandi Dimissioni arriva il Quiet Quitting, fenomeno nato sui social e che sta diventando sempre più virale sul web, raggiungendo un numero sempre maggiore di persone e lavoratori in tutto il mondo.
Il neologismo Quiet Quitting significa letteralmente “abbandono silenzioso”, riferito proprio al lavoro. In sostanza, il termine evidenzia quanto sia molto più importante la vita vera e propria rispetto al lavoro. Lavorare senza rinunciare allo stipendio sì, ma facendo il minimo indispensabile per riceverlo. Una nuova tendenza che sta spopolando pian piano nei giovani Millenials ma anche e soprattutto quelli appartenenti alla Generation Z. Insomma, si lavora meno, ma si guadagna in salute.
In che senso lavorare meno facendo il minimo indispensabile? In generale svolgendo soltanto le mansioni accordate e definite dal contratto, rifiutando di fare straordinari, senza aderire a progetti extra e senza assumersi ulteriori responsabilità. Quindi, a differenza della Great Resignation che consiste nel dare drasticamente le dimissioni, il Quiet Quitting permette, in maniera più silenziosa di lavorare meno.
Il trend è partito da TikTok grazie a un video caricato da Zaid Khn , ingegnere newyorchese di 24 anni, che ha definito il Quiet Quitting in questo modo: "Si continua a svolgere i propri compiti, ma non si aderisce più alla cultura della competizione verso sé stessi e gli altri, secondo la quale il lavoro deve essere la nostra vita - il tuo valore come persona non è definito dal tuo lavoro".
Il fenomeno del Quiet Quitting è la conferma di quanto ci sia bisogno di un nuovo assetto riguardo ai rapporti tra manager e impiegati, riuscendo a creare nuove forme di coinvolgimento e interazione. Ma non solo, dopo le Grandi Dimissioni di massa, si è creata un'attenta riflessione sulle proprie priorità, decidendo di dedicare più tempo a sé stessi. Ma ora si comprende maggiormente quanto non fosse solo la pandemia a volere di più dalla propria vita. Ora che pian piano si sta tornando alla normalità, i giovani non vedono più l'utilità di mettere il lavoro e la carriera davanti a tutto il resto, soprattutto per due motivi:
impegnarsi così tanto non paga più: trascorrere intere giornate in un ufficio non significa quasi mai premi, avanzamenti di carriera e aumenti di stipendio;
anche se ciò avvenisse, non ne varrebbe comunque la pena: per questo è meglio fare il meno possibile rinunciando a grandi ambizioni, ma senza dover perdere il lavoro per non rinunciare allo stipendio.
Non si tratta di un semplice fenomeno legato alla pigrizia, ma di un qualcosa che va oltre, un radicale cambio di mentalità che riguarda chi desidera lavorare onestamente, ma senza mettere la salute in un angolo, esigendo flessibilità e più tempo libero per prendersi cura di sé stessi.
Il Quiet Quitting, quindi, deriva da queste nuove consapevolezze, ma anche da altri fattori, come un rapporto complicato con il proprio capo e/ colleghi, o il non sentirsi apprezzati e gratificati abbastanza per il proprio impegno. Un'altra causa è una generale insoddisfazione nei confronti del proprio lavoro, derivata non solo dai fattori appena elencati, ma anche dall'eccessivo carico di lavoro, dall’incompatibilità tra la posizione ricoperta e le proprie aspirazioni, dalla mancanza di possibilità di crescita e via dicendo.
Alla luce di tutto quello visto finora, è evidente come sia necessario una nuova visione aziendale da parte dei datori di lavori, imprenditori, selezionatori e così via. Serve comunicazione, ma anche un nuovo approccio che porti a un reale equilibrio tra vita privata e lavoro. Ma occorre che si compiano dei passi concreti nel più breve tempo possibile.
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